La Cassazione lo scorso 19 novembre
dichiarò prescritto il reato di Stephen Schmidheiny patron
dell'Eternit, ma la voglia di giustizia non si arresta e il pm di
Torino Raffaele Guariniello, dopo aver chiuso le indagini vedrà
l'inizio del processo Eternit bis.
Per il grande numero delle persone
offese il tribunale di Torino ha scelto la strada dei "pubblici
proclami", con un richiamo anche sulla Gazzetta Ufficiale, per
la notifica dell'inizio dell'udienza preliminare del processo Eternit
Bis. Il procedimento, del quale l'imprenditore svizzero Stephen
Schmidheiny risponde di oltre 200 casi di omicidio, comincerà il 12
maggio.
Questa volta l'accusa è di omicidio e
non disastro ambientale, reato per il quale la legislazione italiana
ha ancora parecchie lacune, proprio su queste si è basato l'apparato
difensivo.
Ora i cittadini di Casale, le
associaizoni dei famigliari e la comunità tutta si prepara a questa
nuova battaglia, una lotta che in verità non si è mai arrestata,
con un unico scopo: ottenere giustizia
CASALE – Dopo
aver letto le motivazioni della Corte di Cassazione, per i familiari delle
vittime è di nuovo tempo di confrontarsi con una dura realtà: “Dicevamo eterna
ingiustizia, ora l'ennesima sottolineatura di un processo che ci ha tagliati
fuori” commenta un famigliare.
Nel testo si leggono i
motivi sulla decisione di annullare il processo perchè il reato di Stephan
Schmidheiny è stato prescritto.
Le lacrime ormai sono
finite da parte di chi ha perso i propri cari, e il sentimento provato è un
misto di rabbia e delusione. “Non parlo di questa lotta, ma di quello che
questa lotta mi ha insegnato, per la vita di ogni giorno, per il vivere
quotidiano. L'unica lotta che si perde è quella che si abbandona” queste le
parole di Giuliana Busto che racchiudono il senso profondo di tutta la
cittadinanza casalese che ancora cercherà di trovare Giustizia nell'ambito di
un nuovo prcoedimento.
Nel processo
annullato dalla Cassazione sarebbe stato sbagliato il capo d'imputazione
formulato dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello. Intanto
perchè la condanna per quel tipo di reato, 12 anni di reclusione, sarebbe stata
troppo bassa. E poi il duro affondo nei confronti del tribunale di appello che,
si legge, “Ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti
del reato, la Corte di Appello ha inopinatamente aggiunto all’evento
costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali
quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti
di lesioni e di omicidio“.
Subito dopo la deposizione del testo il pm Raffaele
Guariniello ha annunciato di aver chiesto il rinvio a giudizio per Stephan
Schmidheiny (il cosiddetto processo Eternit Bis). L’accusa è di omicidio
volontario aggravato per la morte da amianto, tra il 1989 e il 2014, di 258
persone.
Una nuova strada per
continuare la lotta dunque, perchè darsi per vinti non rientra negli aspetti di
chi ha perso un famigliare per colpa del mostro Amianto.
E' il simbolo della lotta contro l'amianto, è la
voce delle tante persone che chiedono giustizia nei confronti di quei
potenti che hanno messo al primo posto il profitto rispetto alla
salute degli operai dell'Eternit. Romana Blasotti Pavesi, 86 anni ha
deciso di lasciare la presidenza dell'AFEVA, l'associazione
famigliari e vittime dell'amianto.
Le ragioni di questa scelta sono legate
principalmente all'ingiustizia della sentenza di terzo grado della
cassazione, che nella serata maledetta del 19 novembre scorso ha di
fatto evaporato ogni possibilità di vedere riconosciuto colpevole
Stephan Schmidheiny per il reato di disastro ambientale permanente.
Da quella sera la Romana (così viene riconosciuta da tutti) non è
stata più la stessa: in tanti anni di lotta niente l'aveva fermata:
non l'avevano fermata l'età, il dolore per la perdita di tanti
famigliari tra cui il marito, neanche i viaggi per il mondo,
realizzati per diffondere ed informare tutti che la lavorazione
dell'amianto va bandita in tutto il pianeta. A fermarla ci ha pensato
l'ingiustizia di quella sentenza:
«Come faccio - dice in un'intervista rilasciata
alla Stampa- ad accettare che non c’è stata giustizia per le
vittime? Che, per via della prescrizione, sono come “sparite”? Ma
quei giudici sapevano bene che cosa è accaduto a Casale? La loro
sentenza ci ha tagliato fuori». «Ci hanno tolto tutte le
possibilità di vedere riconosciuto un colpevole della tragedia che
c’è stata e che continua».
Giustizia, è sempre stata questa l'unica cosa che
le interessava, chi la conosce e ha seguito con lei tutte le udienze
del processo eternit aveva ascoltato diverse volte i suoi discorsi,
in cui non riusciva nonostante tutto ad avere rancori verso i
signori dell'amianto “Vogliamo giustizia non vendetta” diceva
Romana.
La mancanza della carica di certo non la fermerà
nella sua battaglia nell'informare il mondo, e siamo sicuri che il
suo lavoro sarà portato avanti dall'AFEVA.
In cuor suo Romana adesso spera di poter vedere
realizzata la collinetta della memoria, che dovrebbe sorgere
sull'area dell'ex fabbrica Eternit, i cui lavori sono cominciati ma
sono tuttora fermi. E, più di tutto, spera che le promesse avute da
Renzi, Boldrini e Grasso sull’introduzione del reato di disastro
ambientale nel Codice penale siano vere: «Vale per l’amianto e per
tutti i veleni. Non si può morire per lavorare senza che poi nessuno
venga punito!» afferma.
Romana non ricoprirà altre cariche ma rimarrà
sempre la guida di questa lunga battaglia, il lavoro svolto da lei in
tanti anni è una grossa eredità per tutti i casalesi e questo
impegno non potrà andare perduto.
Di seguito il discorso d'addio di Romana, pubblicato dagli amici di Voci della Memoria e Casalenews:
Sono passati 70 anni ma il ricordo
della più grande tragedia della storia dell'umanità è ancora vivo.
Durante gli anni del dominio nazi-fascista milioni di persone furono
deportate e trucidate all'interno dei lager, campi di concentramento
dislocati in tutta Europa. Donne, bambini, anziani sterminati
soltanto perchè diversi da chi era al potere: una catastrofe, questa
la traduzione del termine shoah dall'ebraico, che macchiò di sangue il
secondo conflitto mondiale.
70 anni sono passati da quando i
soldati sovietici varcarono i cancelli del campo di Auschwiz,
liberando i prigionieri ridandogli non solo la libertà ma la dignità
di esseri umani. Anni prima della liberazione le condizioni degli
ebrei nell'Europa dominata da Hitler, erano sempre più limitate: si
cominciò con il vietare alle famiglie di andare a scuola, lavorare,
leggere il giornale, andare a teatro, fino agli obblighi di
registrazione e gli internamenti nei campi di lavoro dove le famiglie
venivano divise, svestite e spogliate di ogni avere. Le case dei
commercianti ebrei diventavano così di proprietà di ufficiali
nazisti che ne prendevano possesso ovviamente senza chiederlo.
"Quel che è accaduto ci riempie
di grande vergogna. Perché sono stati i tedeschi ad essersi resi
colpevoli di tanto dolore: non dobbiamo dimenticare che i molti
milioni di vittime sono una nostra colpa". Lo ha detto la
cancelliera Angela Merkel, partecipando con alcuni sopravvissuti a
una commemorazione a Berlino per il 70mo della liberazione del campo
di Auschwitz. "Abbiamo la responsabilità di comunicare quanto
noto su quelle atrocità e di tenere viva la memoria", ha
aggiunto.
La Giornata della memoria deve quindi
servire alle generazioni future: i sopravvissuti alla tragedia della
Shoah sono sempre di meno, ma il loro ricordo non morirà mai, a noi
spetta il compito di raccogliere questa eredità e condannare ogni
atrocità del passato per fare in modo di non ripeterlo in futuro.