CASALE-
Oltreponte è il quartiere di Casale Monferrato separato dal resto della città
dal ponte stradale che attraversa il fiume Po. Mi piace paragonarlo a Brooklyn,
il quartiere operaio di New York collegato a Manhattan dal Ponte di Verrazzano.
Anche Oltreponte, come Brooklyn, fu costruito negli anni del
Dopoguerra per le famiglie degli operai delle fabbriche. Dall’altra parte del
ponte, invece, il centro storico.
Come gli operai di Brooklyn guardano al di là del fiume
sperando di trovare un “posto al sole” nella “fashion” Manhattan, così gli
abitanti di Oltreponte guardano al centro storico di Casale, con i suoi
monumenti e i tantissimi negozi, uffici, ristoranti, banche…senza dubbio la
parte più bella della città.
In epoca Napoleonica, sorgeva a Oltreponte soltanto una
fortificazione chiamata “Testa di Ponte”, che proteggeva la città di Casale
dagli assalti esterni. La prima casa venne costruita solo in epoca recente:
ovvero nel 1934, dove ora sorge l’ex Marietti. Prima di allora a Oltreponte c’erano
solamente vecchie costruzioni e baracche di pescatori, l’attuale via Adam
neanche esisteva.
Un quartiere che assomiglia ad un paesino, non solo
fisicamente, essendo appunto separato da Casale dal fiume Po, ma perché i quasi
3000 abitanti si conoscono tutti, hanno la propria parrocchia, le scuole (Asilo
nido, scuola materna e scuola elementare), la squadra di calcio (la Junior) e persino
la propria “festa patronale” che si svolge ogni anno nel mese di maggio. In
questo periodo dell’anno, infatti, nel 1959 venne inaugurata la Parrocchia
“Assunzione di Maria Vergine”. La parrocchia ha visto succedersi parroci di
grande carisma e personalità come don Pietro Palena, S.E. Card. Severino
Poletto, don Mario Fornaro, don Paolo Busto, don Leonardo Modica e don Renato
Dalla Costa (attualmente in carica). La parrocchia festeggia la Madonna nella
seconda domenica di maggio, giorno in cui la statua presente in chiesa (Madonna
con il bambino Gesù in braccio, interamente scolpita nel legno) viene portata
in processione per le vie del quartiere. Una tradizione che esiste da oltre 50
anni e che gli abitanti onorano ogni volta con rinnovato affetto e infinito
zelo, adornando i balconi delle proprie case con lumini e lenzuoli bianchi:
come nelle migliori tradizioni “paesane”.
Oltreponte vive la sua vita indipendente, facendosi bastare
quello che ha e cercando di fare quello che può: forse per questo non stupisce
il forte attaccamento che gli abitanti nutrono nei confronti di questo rione,
nel bene e nel male.
“Io vado in città”: è questa l’espressione tipica usata
dagli “Oltrepontini” quando si tratta di attraversare il ponte per andare a
fare la spesa, incontrare il proprio amore o raggiungere il posto di lavoro:
una frase che racchiude il senso di appartenenza al quartiere.
Comunque, al di là della valenza socio-culturale racchiusa
nella suddetta espressione, il vero senso di unità lo abbiamo sentito nei
giorni drammatici dell’alluvione del 2000. Un disastro davvero impensabile che
ci ha colpiti duramente: strade e case allagate, negozi distrutti, garage
divelti, cadaveri di animali… abbiamo visto di tutto. In seguito armati di
pazienza abbiamo infilato i nostri stivali, ci siamo tirati su le maniche e
abbiamo ripulito, sostenendoci l’un con l’altro, dimenticando anche vecchi
rancori tra vicini…Nella sua drammaticità l’alluvione ha tirato fuori questo e
molti altri aspetti di solidarietà: da allora possiamo dire di sentirci ancora
più “comunità”.
Proprio da questi sentimenti è nata la voglia di non essere
dimenticati dalla città, di continuare a far sentire la nostra voce, e ci siamo
riusciti attraverso il comitato volontario: “SìAmo Oltreponte” che, ispirandosi
al ruolo e all’attività dei vecchi consigli di quartiere ha garantito una forma
di rappresentanza autonoma e organizzata ai cittadini, mettendoli nelle
condizioni di poter dialogare con le Istituzioni.
Amiamo il nostro quartiere perché ci siamo nati, perché
abitiamo o abbiamo le nostre attività commerciali a Oltreponte. Non siamo solo
semplici cittadini con obiettivi precisi e voglia di fare, ma siamo anche un
gruppo di amici e desideriamo fare qualcosa per il posto in cui viviamo e in
cui coltiviamo i nostri interessi. Dare vita a un gruppo
associativo attivo è un diritto spontaneo e fondamentale garantito dalla
Costituzione, infatti il nostro gruppo ha trovato un nome, fissa gli obiettivi
e si riunisce periodicamente.
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