CINISI (Pa)- Il ricordo di Peppino Impastato (politico, attivista e conduttore radiofonico italiano, famoso per le denunce delle attività della mafia in Sicilia che gli costarono la vita il 9 maggio 1978 a trent’anni) è ancora vivo non solo in Sicilia ma nella memoria collettiva. La sua vita è stata portata al cinema con il bellissimo film: “I Cento Passi” con Luigi Lo Cascio come protagonista. Oggi nel suo paese Cinisi (Pa) la casa di famiglia è diventata “Casa Memoria di Peppino e Felicia Impastato”, un luogo in cui sono raccolti i ricordi della vita di Peppino, della madre Felicia e del fratello Giovanni il quale gestisce ed apre a tutti le porte di Casa Memoria. In una torrida mattina di agosto Giovanni Impastato ci ha ricevuto per un’intervista molto particolare ed emozionante:
La Mafia è un cancro della nostra società purtroppo ancora presente, l’esempio di Peppino ha aiutato in una maggiore presa di coscienza collettiva? Come è cambiata l’opinione pubblica in questi anni?
L’esempio di Peppino, le sue idee e il suo pensiero sono patrimonio culturale delle nuove generazioni, una presa di coscienza generale c’è stata in questi anni, ovviamente c’è ancora molto da fare, ma credo che mantenere viva la memoria di Peppino sia stato un contributo grande alla nostra memoria storica. Non è rimasto tutto come prima, né qui a Cinisi, né nel resto d’Italia, abbiamo ottenuto risultati importanti, grandi conquiste, però la mafia è ancora forte e radicata all’interno del sistema economico e politico. La strategia della mafia è cambiata, c’è stata una svolta, il “mafioso” non viene più riconosciuto come Provenzano o Riina, oggi la nuova mafia è composta da questo settore di borghesia: architetti, ingegneri, professionisti, imprenditori e politici (ci sono ancora 120 politici indagati per mafia che siedono in Parlamento oggi). Questa nuova mafia è molto più pericolosa di un tempo, non ha bisogno di mostrarsi. Una volta il boss come Tano Badalamenti (la cui casa si trova qui a cento passi) si faceva vedere in balcone e sfoggiava la sua “potenza”, oggi non si mostrano più ma sono radicati all’interno del tessuto sociale, amministrativo e politico (prima c’era un intreccio con queste persone e i boss, ora sono direttamente loro coinvolti). Tra le conquiste sociali ottenute siamo fieri e contenti di avere ottenuto in gestione la casa di Tano Badalamenti, confiscata alla Mafia grazie alla Legge 109, questo rappresenta un esempio unico di bene confiscato e restituito alla parte direttamente lesa. Noi lo abbiamo aperto e reso disponibile a tutta la società. Ricordo anche le cooperative di Libera Terra che si occupano dei terreni confiscati, la nostra presenza nelle scuole, che ci permettono di informare le nuove generazioni, questi sono tutti segnali di cambiamento, però ancora non abbiamo finito, finchè ci saranno questi stretti legami tra Mafia e tessuto sociale.
I tempi per il raggiungimento della verità sull’omicidio di Peppino e la condanna di Badalamenti furono lunghi, causati anche da depistaggi e false testimonianze, pensa sia dovuto a qualche infiltrazione tra gli organi di Giustizia?
I vari processi e la Commissione Antimafia hanno confermato che sulla vicenda ci furono depistaggi, queste informazioni le abbiamo ottenute grazie al grande lavoro e impegno di lotta, per noi è stato faticoso, dopo anche momenti di isolamento, ma si è arrivati alla verità grazie ad alcuni magistrati come Falcone, Costa, Signorino (tutti assassinati). Altre persone che hanno tentato di offuscare la vicenda hanno ottenuto invece una splendida carriera. Il problema non è il legame stato-mafia, questa è la solita retorica, la mafia non è un anti-stato, è dentro lo stato per quanto riguarda la realizzazione delle grandi opere pubbliche, nel sistema degli appalti e il controllo totale di alcuni settori dell’amministrazione pubblica, lì la mafia è dentro lo stato, però la mafia è contro lo stato quando uccide Falcone, Borsellino, quando uccide quelle persone che ‘intralciano’il loro percorso. Le trattative stato e mafia ci sono sempre state, è inutile scandalizzarsi oggi, ci furono a Portella della Ginestra nel ’47, lì il banditismo e la Mafia trattavano con lo stato, ora è giusto scoprire questi contatti, ma non è il caso di gridare allo scandalo.
Il film “I cento passi” ha permesso di conoscere la storia di Peppino a tutti, quanto rispecchia la realtà?
Posso dire che il film è reale all’ 80% il restante 20% rimane legato alle esigenze cinematografiche (tempi velocizzati per non farla scorrere piatta come un documentario) il dramma umano tra il padre in conflitto con Peppino, la madre che si trova di fronte a scelte terribili perché moglie di un mafioso e mamma di un militante, i compagni che hanno rischiato la vita, la cultura mafiosa, ecc. Questa storia si è prestata molto al cinema, Lo Cascio ha reso benissimo, oltre alla somiglianza fisica, ci somiglia benissimo per come è riuscito a entrare nel personaggio. Oggi la storia è diventata patrimonio di tutti, grazie al lavoro di ricerca e memoria da parte del regista Marco Tullio Giordana. Per come aveva voluto Mamma Felicia la casa di Peppino è aperta per chiunque voglia visitarla a Cinisi (Pa).
Christian Pravatà
Giovanni, fratello di Peppino Impastato
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